Per lingua cinese si intende la lingua del popolo Hàn, parlata da circa il 93 % degli abitanti della Cina, ma ogni minoranza ha una sua propria lingua.
Le più antiche testimonianze di una lingua cinese scritta sono le iscrizioni di carattere divinatorio incise su ossa oracolari databili al tardo 1200 a.C., nel periodo che la storiografia cinese identifica tradizionalmente come l’ultima fase della dinastia Shāng (商朝; XVI-XI secolo a.C.). Queste iscrizioni oracolari testimoniano come il ruolo della scrittura fosse all’epoca strettamente legato alle pratiche magiche e rituali.
La scrittura del cinese si è evoluta nel corso del I millennio a.C., stabilizzandosi progressivamente nel corso del V-III secolo a.C., l’epoca degli Stati Combattenti, e venendo infine standardizzata alla fine del III secolo a.C., a seguito dell’unificazione dell’impero cinese a opera del primo imperatore Qin nel 221 a.C. (secondo una leggenda, Qín Shǐ Huángdì (秦始皇帝) avrebbe commissionato al funzionario Cāngjié (仓颉) il compito di inventare un sistema di scrittura. Il leggendario funzionario si mise a studiare gli animali del mondo, il paesaggio della terra e le stelle del cielo, cercando di catturarne le caratteristiche fondamentali per mezzo di simboli che li rappresentassero. Sarebbero così nati uno a uno tutti i caratteri della scrittura cinese) e con il successivo avvento della dinastia Hàn a partire dal 206 a.C. Questa lingua scritta è il cinese classico (gǔwén, 古文), la lingua letteraria in cui è redatta tutta la letteratura riconducibile al periodo degli Stati Combattenti e gran parte della letteratura prodotta in epoca Hàn (cioè fino al III secolo d.C.), oltre che lo standard per il cinese scritto formale in auge fino al XX secolo.
A partire dal XX secolo, con il termine “lingua cinese”, in cinese zhongwen (中文, zhōngwén letteralmente “lingua cinese scritta”) o hanyu (汉语, hànyǔ, letteralmente “lingua cinese parlata”), ci si riferisce semplicemente al cosiddetto mandarino standard o putonghua, (普通话, pǔtōnghuà), la lingua ufficiale adottata nella Repubblica Popolare Cinese (中华人民共和国, Zhōnghuá Rénmín Gònghéguó).
Il 4% circa dei caratteri cinesi deriva direttamente da singoli pittogrammi (象形字, xiàngxíngzì) e molto spesso al lettore odierno la relazione tra i due non appare necessariamente chiara. Il restante 96% è costituito dagli aggregati logici (会意,字, huìyìzì), caratteri combinati da più elementi che ne indicano il significato e dai composti fonetici (形声字, xíng-shēngzì), caratteri composti da due elementi uno dei quali indica l’area semantica di appartenenza e l’altro la sua pronuncia, anche se questa è spesso solo simile a quella odierna a causa dei cambiamenti susseguitisi nel tempo e dalla differenza tra le lingue d’origine.
Prime regole di scrittura
Verso della scrittura – da sinistra verso destra
Verso della scrittura – dall alto verso il basso
Struttura esterno/interno: alcuni caratteri composti da una cornice esterna seguono come regola di scrittura l’ordine> elemento esterno di cornice, l’interno e poi solo alla fine l’eventuale tratto di chiusura.
La morfologia cinese è strettamente legata ad un numero prefissato di sillabe con una costruzione abbastanza rigida che sono i morfemi, le più piccole unità della lingua. Sebbene molti di questi morfemi monosillabici (字 zì, in cinese) possano stare da soli come parole individuali, essi di solito formano composti polisillabici (noti come 词/詞 cí). Un cí (“parola”) può consistere di uno o più morfemi-caratteri, di solito due, ma ce ne possono essere anche tre o più. Ad esempio:
• Yún 云 “nuvola”
• Wǒ 我 “io, me”
• Rénmín 人民 “popolo”
• Dìqiú 地球 “Terra”
Hànyǔ Pīnyīn (汉语拼音, letteralmente “trascrizione della lingua Han”), che è un sistema per imparare la corretta pronuncia del cinese moderno, utilizzando l’alfabeto latino. La riforma del 1956 introdusse il sistema di trascrizione “pinyin”.
Consonanti sillabanti
Nel concetto di lingua cinese in sé, le divisioni fra i differenti “dialetti” sono principalmente geografiche piuttosto che basate sulla distanza linguistica. Per esempio, il dialetto del Sichuan è considerato tanto distinto dal dialetto di Pechino quanto il cantonese
il governo della Repubblica popolare cinese dichiara ufficialmente che la Cina è una nazione multietnica e che il termine stesso “cinese” si riferisce ad un più vasto concetto chiamato Zhonghua minzu comprendente gruppi che non parlano affatto cinese, come Tibetani, Uiguri e Mongoli (quelli che parlano cinese e sono considerati “cinesi” dal punto di vista dello straniero sono denominati “cinesi Han”, concetto inteso in senso etnico e culturale
Le sette varietà linguistiche principali del cinese sono:
• cinese mandarino (al giorno d’oggi sinonimo di “lingua cinese”);
• wu 吳 (include lo shanghainese);
• xiang 湘;
• gan 贛;
• hakka 客家;
• cantonese standard 粵 (o yue);
• min 閩
Il cinese standard distingue quattro diversi toni: piano, ascendente, discendente-ascendente e discendente (cinque se si conta anche il tono neutro). Ad esempio, questa è la sillaba ma pronunciata con quattro diversi toni[?·info]. Nella tabella sono indicate alcune delle possibili trascrizioni corrispondenti al suono pronunciato:
Esempio di toni del cinese (sillaba ma)
Alcuni esempi:
Xiāng Profumo
Xiáng Cassa
Xiăng Suono
Xiàng Elefante
Il numero (e il tipo) di toni può cambiare al variare della varietà o del dialetto locale considerato: in alcune parlate diffuse nella Cina del sud si arriva anche a 6 o 7 toni diversi.
I caratteri cinesi sono intesi come morfemi che sono indipendenti dal cambiamento fonetico. Quindi, anche se “uno” è yī in mandarino, yat in cantonese e tsit in hokkien, questi termini derivano tutti da una parola cinese antica comune e condividono un carattere identico. Tuttavia, le ortografie dei dialetti cinesi non sono identiche. I vocabolari usati nei vari dialetti divergono. In più, mentre il vocabolario letterario è condiviso fra tutti i dialetti (almeno nell’ortografia; le letture sono differenti), i lessici quotidiani sono spesso differenti. Il cinese colloquiale scritto coinvolge solitamente l’uso di caratteri dialettali che non possono essere capiti in altri dialetti o caratteri che sono considerati arcaici in báihuà.
COME PRONUNCIARE IL PĪNYĪN
Iniziali
Cominciamo con la pronuncia delle iniziali. La gran parte di esse si pronuncia all’incirca come in italiano, ma ci sono alcune importanti eccezioni.
▪ B come in italiano, un po’ più dura (tra b e p).
▪ P come in italiano, leggermente aspirata (tra p e “ph”).
▪ M come in italiano.
▪ F come in italiano.
▪ D come in italiano, un po’ più dura (tra d e t).
▪ T come in italiano, leggermente aspirata (tra t e “th”).
▪ N come in italiano.
▪ L come in italiano.
▪ G come in italiano, ma sempre dura (sempre “Gatto”, mai “gesso”).
▪ K come in italiano, ma molto forte e aspirata (“kh”).
▪ H come in inglese “her”: molto aspirata e ben udibile.
▪ J come “jeep” o “giallo”, molto dolce. Pronunciarla come se fosse sempre seguita da una i.
▪ Q come “ciao” o “cicca”, molto dolce. Pronunciarla come se fosse sempre seguita da una i.
▪ X tra “s” e “sc”, entrambe pronunciate a denti chiusi.
▪ Z tra “z” e “roSa”.
▪ C è una “z” molto dura, “ts”, “tz”.
▪ S è la “s” di “roSSo”.
▪ ZH è una “g” dolce, ma molto dura. Dire “Gesso” calcando sulla G.
▪ CH è una “c” dolce, ma molto dura. Dire “Cera” calcando sulla C.
▪ SH è una “sc” molto dura e aspirata.
▪ R è una r retroflessa, inesistente in italiano. (Tra “r” e “l”).
Inoltre esistono tre iniziali “non canoniche”:
▪ Y pronunciata I, come la relativa finale.
▪ W pronunciata U, come la relativa finale.
▪ YU pronunciata Ü, come la relativa finale.
Queste si mettono all’inizio della sillaba per sottolineare che essa non ha una vera e propria iniziale, ma è composta solo dalla finale.
Finali
Le finali sono assai di più delle iniziali in numero, ma la loro pronuncia è molto più semplice. Spiegherò quindi solo la pronuncia delle finali semplici, quelle composte da una sola vocale. Le finali composte in genere si pronunciano come la somma delle vocali semplici che le compongono, eccetto alcune eccezioni che elencherò tra poco; mentre le nasali seguono tutte una regola comune che si può facilmente riassumere.
Partiamo dunque dalle finali semplici, che solo 7:
▪ A come in italiano.
▪ O come in italiano, quasi sempre chiusa (polO, non pOlo).
▪ E simile alla œ francese, a “eau” (tra la E e la O).
▪ ER(R) è una R retroflessa, usata anche come vocale. Si pronuncia AR.
▪ I come in italiano.
▪ U come in italiano.
▪ Ü(V) come in tedesco.
Esistono poi le seguenti composte:
AI EI AO OU IA IE UA UO IAO UAI ÜE
e due eccezioni:
IU = IOU UI = UEI
Le nasali sono quelle finali che terminano con N o NG, che si pronunciano entrambe come in inglese: una N normale e una N nasale. L’aggiunta di N o NG non cambia la pronuncia delle vocali precedenti eccetto in questi tre casi:
ÜAN = ÜEN UN = UEN IAN = IEN ENG = ONG/UNG UENG = UONG
E ora, per rendere il tutto ancora più complicato, ecco tre regole di pronuncia aggiuntive:
▪ Dopo B,P,M,F si aggiunge una piccola u tra l’iniziale e O: BO=BuO, MO=MuO, etc.
▪ Dopo J,Q,X la U diventa Ü: XU = XÜ, etc.
▪ Dopo Z,S,C,ZH,CH,SH,R, la I non si pronuncia, ma indica che la consonante va pronunciata energicamente: ZHI = ZH, RI = R, etc.
LA SCRITTURA
Il cinese è una delle poche lingue al mondo ad avere una scrittura basata prevalentemente su caratteri. Questi caratteri in cinese sono detti hànzì 汉字. Durante la seconda metà del secolo scorso si è affermato l’utilizzo di una trascrizione fonetica in caratteri latini: il pinyin. Questo metodo fa sì che ogni sillaba nel parlato (alla quale corrisponde un carattere nello scritto) rechi un segno grafico (simile ad un accento) che ne definisce il tono. Ad es. la parola “Cina” in cinese semplificato è composta di due caratteri, 中国, nello scritto, e di due sillabe, zhōng guó, nel parlato, ciascuna recante un tono. Gli ideogrammi rappresentano i morfemi e sono tutti portatori di significato. Tuttavia alcune parole di origine straniera sono trascritte con caratteri che, pur essendo portatori di significato, vengono utilizzati in maniera puramente fonetica. Il dizionario Zhonghua Zihai elenca 85.568 caratteri, ma, nonostante l’enorme mole, ne ignora 1.500. Tuttavia quelli utilizzati di fatto sono molti di meno: per leggere un quotidiano ne bastano 3.000, mentre le persone con una buona cultura superano spesso i 5.000.
Molti stili di scrittura calligrafica cinese si sono sviluppati durante i secoli, come 篆書 zhuànshū, “stile dei sigilli”, 草書 cǎoshū, “stile corsivo”, 隸書 lìshū, “stile amministrativo (o dei cancellieri)”, e 楷書 kǎishū, “stile esemplare”.
TERMINI NOTI
中国 – Zhōngguó = PAESE DI MEZZO (così viene chiamata la CINA dal suo popolo)
武术 – Wǔshù = ARTE MARZIALE
功夫 – Gōngfū = APPLICAZIONE (LAVORO) DELLA PERSONA (compiuto con sforzo)
少林 – Shàolín = GIOVANE FORESTA (nome di un monastero buddista)
长拳 – Chǎngquán = PUGNO DEL NORD
难拳 – Nánquán = PUGNO DEL SUD
太极拳 – Tàijíquán = PUGNO SUPREMO
气功 – Qìgōng = (LAVORO SULL’ENERGIA) letteralmente LAVORO SULL’ARIA (fiato, vita)
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